C’è un luogo dell’Ulisse di Joyce che mi ha colpito sin dalla prima
volta che l’ho letto (1989) e che ora mi torna in mente ossessivamente in
relazione alla questione del carattere autoritario e quasi sempre misogino di
certe produzioni culturali maschili, in particolare quelle religiose. Siamo nel
quarto capitolo (“Calipso: la colazione”) ed entrano in scena Leopold e Molly.
Leopold, lasciati sul fuoco i rognoni in padella, porta la colazione a letto
alla moglie, di cui entrando nota “le grosse morbide tette, pendule entro la
camicia da notte come le mammelle d’una capra”. A un certo punto Molly gli
chiede di porgerle il libro che stava leggendo e che le era caduto sotto il
letto:
- Fa’ un po’ vedere, disse lei. Ci ho messo il segno. C’è
una parola che ti volevo chiedere.
Mandò giù un sorso di tè dalla tazza che
teneva non dalla parte del manico e, pulitesi in fretta le punte delle dita
sulla coperta, cominciò a scorrere il testo con una forcina finché non trovò la
parola. (…)
- Ecco, disse lei, che cosa vuol dire?
Egli si chinò e lesse
accanto all’unghia lucida del pollice.
- Metempsicosi?
- Sì. Come lo
chiamano in famiglia?
- Metempsicosi, disse, aggrottando i sopraccigli. È greco: viene dal greco. Vuol dire la trasmigrazione delle anime.
- Oh, sorbe!
disse lei. Diccelo in parole povere. (…)
Sfogliò a ritroso le pagine.
-
Metempsicosi, disse, è come la chiamavano gli antichi Greci. Allora credevano
che ci si potesse trasformare in animale o in albero, per esempio. Quelle che
loro chiamavano ninfe, per esempio.
Il cucchiaino cessò di mescolare lo
zucchero. Lei guardò fisso davanti a sé, inalando per le narici inarcate.
-
C’è odor di bruciato, disse. Hai lasciato qualcosa sul fuoco?
- Il rognone!
gridò lui subito.
[ed. CDE 1987, pp. 71-72; oppure ed. Mondadori 2000, pp.
64-65]
Al di là dell'apparente maschilismo becero della scena (la
donna-capra ignorante come una capra, laddove Bloom è dotato di una decente
cultura classica minima), mi sembra che qui la donna sia invece valorizzata, tra
le righe, nella misura in cui rappresenta la fertilità (Joyce chiamava “Gea
Tellus” la sua Molly Bloom) e l’infedele fedeltà alla terra e ai valori concreti
della vita, di contro alle vuote forme culturali prodotte dall’homo
symbolicus occidentale, di cui Leopold Bloom è l’estremo epigono e lo
sterile simulacro. Non è un caso, infatti, che “metempsicosi”, parola difficile
e assolutamente fuori dalla portata “prospettica” di una donna pratica come
Molly, rimandi a una antichissima e tipica dottrina settaria e “maschilista” -
visto che riduce drasticamente il significato biologico della donna relegandola
al ruolo idraulico di tubatura di passaggio per anime vorticanti nel ciclo delle
reincarnazioni - di origine orfica, poi ripresa in epoca presocratica dai
pitagorici, i padri di ogni modello di “società chiusa” maschilista,
logocentrica e sessuofoba (appena mitigata dalla non esclusione delle donne),
significativamente seguiti anche in questo da Platone, forse il più misogino dei
filosofi. Essa rappresenta il concentrato di tutte le paure dell’uomo relative
alla morte e alla sua fondamentale estraneità al processo riproduttivo, nonché
di tutti i tentativi per esorcizzare tali paure tramite miti religiosi creati
dal suo logos fantasioso, che soprattutto nel Dio biblico è organo di
creazione contrapposto a quello naturale della donna, visto come secondario e
inferiore. In tal senso, io ritengo che nel luogo dell’Ulisse che ho
riportato Joyce stia semplicemente rappresentando proprio l’incommensurabilità
culturale tra la prospettiva femminile, giustamente ignara di certi prodotti
culturali maschili - peraltro posti a fondamento del loro autoritarismo
religioso e ideologico - e ancorata al buon senso delle cose tangibili e vive, e
quella maschile, ridotta con Leopold - l’ultimo uomo della cultura occidentale,
impegnato nella penosa ricerca, ancora una volta maschilista, di un figlio
maschio adottivo (in sostituzione della figlia quindicenne Milly), che troverà
in Stephen Dedalus, e quindi giustamente punito dalla moglie col tradimento -
alla gestione erudita di un sapere astratto, sterile e depositato nelle morte
definizioni da dizionario. Tale, infatti, con qualche aggiunta di alcune nozioni
da "enciclopedia", è la definizione di “metempsicosi” che Leopold fornisce a
Molly, la quale registra l'informazione con sublime e dissacrante
indifferenza.
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