«Das Leben der Erkenntnis ist das Leben, welches glücklich ist, der Not der Welt zum Trotz» (Ludwig Wittgenstein, Tagebucheintrag vom 13.8.16).


«E se qualcuno obietta che non val la pena di far tanta fatica, citerò Cioran (…): “Mentre veniva preparata la cicuta, Socrate stava imparando un’aria sul flauto. ‘A cosa ti servirà?’ gli fu chiesto. ‘A sapere quest’aria prima di morire’”» (Italo Calvino, chiusa di "Perché leggere i classici").


«Neque longiora mihi dari spatia vivendi volo, quam dum ero ad hanc quoque facultatem scribendi commentandique idoneus» (Aulo Gellio, "Noctes atticae", «Praefatio»).


sabato 3 novembre 2012

Nota su Searle e Dennett


John Searle
Il contrasto apparentemente insanabile tra John Searle e Daniel Dennett su mente cosciente e cervello, che dura dal 1980 (anno di pubblicazione di "Menti, cervelli e programmi", il saggio searliano in cui per la prima volta fa la sua comparsa il celebre "argomento della stanza cinese", ristampato l'anno dopo da Dennett e Hofstadter ne L'io della mente), è un classico esempio di contesa filosofica alta in cui però capita anche che voli qualche colpo basso sotto forma di trucco logico.

Il Post scriptum del quinto capitolo de Il mistero della coscienza (1997, ed. it. Raffaello Cortina 1998) di Searle consente di estrarre una formalizzazione chiara del problema. Il capitolo è una rielaborazione della dura recensione di Searle al controverso Coscienza. Che cos'è (1991) di Dennett uscita sulla «New York Review of Books» e contiene anche un'Appendice che propone la replica al vetriolo di Dennett e la contro-replica di Searle, uscite sulla stessa rivista. Il breve Post scriptum, infine, dà conto degli ulteriori sviluppi della discussione e Searle cita due passi di Dennett in cui quest'ultimo usa una riformulazione ad hoc della posizione dell'avversario per ridicolizzarla e buttarla letteralmente fuori dal dibattito sull'intelligenza artificiale (si tratta della ben nota fallacia dello straw man). 

In particolare, in Conversations in the Cognitive Sciences (a cura di Michael Gazzaniga, MIT 1997, p. 187), Dennett attribuisce a Searle la tesi che il cervello (il "materiale biologico") sia NECESSARIO per avere una mente cosciente e Searle, in accordo con quanto da lui effettivamente sostenuto almeno sin dal saggio del 1980, precisa che "certo sappiamo che alcune funzioni cerebrali sono SUFFICIENTI per l'esistenza della coscienza, ma ancora non siamo in grado di sapere se sono anche NECESSARIE" (p. 107).

Per chiarire il punto, si considerino questi due enunciati condizionali:

Daniel Dennett


(1) Se X è un cervello (umano), allora X è (o causa) una mente cosciente;

(2) Se X è una mente cosciente, allora X è (causata da) un cervello (umano).


Dal punto di vista della logica dell'implicazione, com'è ben noto, tra i due enunciati c'è un'enorme differenza: (1) dice che essere un cervello è una condizione SUFFICIENTE per essere (o causare) una mente cosciente, e questa è la tesi di Searle, ovvero una sua versione semplificata e banalmente vera (sapendo già che i cervelli sono coscienti, è tautologico che i cervelli bastino per avere coscienza); (2), invece, dice che essere un cervello è una condizione NECESSARIA per essere (o causare) una mente cosciente, e questa è la tesi (ben più impegnativa) che Dennett attribuisce subdolamente a Searle.
In realtà, sulla base anche del penultimo capoverso di "Menti, cervelli e programmi" ("La mia opinione è che SOLO una macchina possa pensare e anzi solo macchine di tipo particolarissimo, cioè i cervelli e altre macchine dotate degli stessi poteri causali del cervello", in L'io della mente, a cura di D. C. Dennett e D. R. Hofstadter, tr. it. Adelphi 1985, p. 359), una riformulazione più rigorosa della tesi di Searle può essere espressa con un doppio condizionale (3) che combina (1) e (2): 

(3) X è una mente cosciente SE E SOLO SE X è (causata da) un cervello o una qualsiasi altra macchina (naturale o artificiale) dotata degli stessi poteri causali del cervello. 

Si noti che, così posta, la tesi di Searle è falsificabile, perché, come (2) e contrariamente a (1) (banalmente vera), è incompatibile con eventuali menti coscienti realizzate da programmi, cioè da architetture computazionali neumanniane [va da sé che (2) sarebbe falsificata anche da eventuali cervelli artificiali coscienti, e in tal senso ha un maggiore contenuto informativo, cioè improbabilità, e dunque un maggiore valore scientifico 'popperiano', di (3)]. I programmi, infatti, in quanto istruzioni puramente sintattiche dotate al più di intenzionalità secondaria (quella per esempio fissata dal programmatore che crea il linguaggio di programmazione), secondo la prospettiva teorica di Searle non potranno mai accedere al livello del mentale, che è dotato di semantica e di intenzionalità intrinseca, come appunto stabilisce l'argomento della stanza cinese. 

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