John Searle |
Il Post
scriptum del quinto capitolo de Il
mistero della coscienza (1997, ed. it. Raffaello Cortina 1998) di Searle
consente di estrarre una formalizzazione chiara del problema. Il capitolo è una
rielaborazione della dura recensione di Searle al controverso Coscienza. Che cos'è (1991) di Dennett
uscita sulla «New York Review of Books» e contiene anche un'Appendice che
propone la replica al vetriolo di Dennett e la contro-replica di Searle, uscite
sulla stessa rivista. Il breve Post scriptum,
infine, dà conto degli ulteriori sviluppi della discussione e Searle cita due
passi di Dennett in cui quest'ultimo usa una riformulazione ad hoc della posizione dell'avversario
per ridicolizzarla e buttarla letteralmente fuori dal dibattito sull'intelligenza
artificiale (si tratta della ben nota fallacia dello straw man).
In particolare, in Conversations in the Cognitive Sciences (a cura di Michael
Gazzaniga, MIT 1997, p. 187), Dennett attribuisce a Searle la tesi che il
cervello (il "materiale biologico") sia NECESSARIO per avere una
mente cosciente e Searle, in accordo con quanto da lui effettivamente sostenuto
almeno sin dal saggio del 1980, precisa che "certo sappiamo che alcune funzioni
cerebrali sono SUFFICIENTI per l'esistenza della coscienza, ma ancora non siamo
in grado di sapere se sono anche NECESSARIE" (p. 107).
Per chiarire il punto, si considerino
questi due enunciati condizionali:
(1) Se X è un cervello (umano), allora X
è (o causa) una mente cosciente;
(2) Se X è una mente cosciente, allora X
è (causata da) un cervello (umano).
Dal punto di vista della logica
dell'implicazione, com'è ben noto, tra i due enunciati c'è un'enorme
differenza: (1) dice che essere un cervello è una condizione SUFFICIENTE per
essere (o causare) una mente cosciente, e questa è la tesi di Searle, ovvero
una sua versione semplificata e banalmente vera (sapendo già che i cervelli
sono coscienti, è tautologico che i cervelli bastino per avere coscienza); (2), invece, dice che essere un
cervello è una condizione NECESSARIA per essere (o causare) una mente
cosciente, e questa è la tesi (ben più impegnativa) che Dennett attribuisce
subdolamente a Searle.
In realtà, sulla base anche del
penultimo capoverso di "Menti, cervelli e programmi" ("La mia
opinione è che SOLO una macchina possa pensare e anzi solo macchine di tipo
particolarissimo, cioè i cervelli e altre macchine dotate degli stessi poteri
causali del cervello", in L'io della
mente, a cura di D. C. Dennett e D. R. Hofstadter, tr. it. Adelphi 1985, p. 359), una riformulazione più rigorosa della
tesi di Searle può essere espressa con un doppio condizionale (3) che combina
(1) e (2):
(3) X è una mente cosciente SE E SOLO SE
X è (causata da) un cervello o una qualsiasi altra macchina (naturale o artificiale) dotata
degli stessi poteri causali del cervello.
Si noti che, così posta, la tesi di
Searle è falsificabile, perché, come (2) e contrariamente a (1) (banalmente
vera), è incompatibile con eventuali menti coscienti realizzate da programmi,
cioè da architetture computazionali neumanniane [va da sé che (2) sarebbe falsificata
anche da eventuali cervelli artificiali coscienti, e in tal senso ha
un maggiore contenuto informativo, cioè improbabilità, e dunque un maggiore
valore scientifico 'popperiano', di (3)]. I programmi, infatti, in quanto
istruzioni puramente sintattiche dotate al più di intenzionalità secondaria
(quella per esempio fissata dal programmatore che crea il linguaggio di
programmazione), secondo la prospettiva teorica di Searle non potranno mai
accedere al livello del mentale, che è dotato di semantica e di intenzionalità
intrinseca, come appunto stabilisce l'argomento della stanza cinese.
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