«Das Leben der Erkenntnis ist das Leben, welches glücklich ist, der Not der Welt zum Trotz» (Ludwig Wittgenstein, Tagebucheintrag vom 13.8.16).


«E se qualcuno obietta che non val la pena di far tanta fatica, citerò Cioran (…): “Mentre veniva preparata la cicuta, Socrate stava imparando un’aria sul flauto. ‘A cosa ti servirà?’ gli fu chiesto. ‘A sapere quest’aria prima di morire’”» (Italo Calvino, chiusa di "Perché leggere i classici").


«Neque longiora mihi dari spatia vivendi volo, quam dum ero ad hanc quoque facultatem scribendi commentandique idoneus» (Aulo Gellio, "Noctes atticae", «Praefatio»).


lunedì 19 gennaio 2015

SU HOUELLEBECQ


È pur vero che l'ultimo romanzo di Michel Houellebecq è stato investito da un tornado di fortuna tragica, perché nello stesso giorno della sua uscita in Francia (il 7 gennaio scorso) viene sterminata da un attacco sedicente islamista quasi l'intera redazione del giornale satirico "Charlie Hebdo", il cui ultimo numero aveva in copertina proprio una caricatura di Houellebecq. Il romanzo, per di più, è una lucida visione distopica (o utopica? Su questo l'opera è ambigua e aperta) che descrive l'islamizzazione della Francia - e pian piano dell'Europa intera, destinata a un futuro da sacro romano impero islamico - a seguito della vittoria, alle elezioni presidenziali del 2022, di un candidato musulmano. Coincidenze pazzesche, insomma, che hanno lanciato "Sottomissione" sulle ali delle raffiche di Kalashnikov, trasformandolo immediatamente in un caso letterario di dimensioni planetarie, e che in qualche modo ne condizionano la lettura spingendo a sopravvalutarlo e facendolo quasi apparire come una sorta di oracolo dello Zeitgeist. Ma non c'è solo la fortuna, in questo caso.

Se dovessi sintetizzare in una formula icastica l'impressione che mi ha fatto questo romanzo un po' sgangherato - con qualche indugio di troppo sull'ammuffito Huysmans, sul porno e sui dibattiti politico-filosofici, pieni di concessioni compiaciute alle idiozie dello storicismo e  del disegno intelligente, messe in bocca a un opportunista ex cattolico convertitosi all'islam per diventare rettore e sottosegretario sotto il nuovo regime - e tuttavia in grado di trasmettere al lettore il senso di una caduta irrimediabile nel gorgo del disfacimento di una vita e di una civiltà (le nostre), non chiederei aiuto alle categorie concettuali della grande critica letteraria. Quella "vecchia bagascia" di Houellebecq (così egli chiama Nietzsche per due volte nel romanzo) non ne sarebbe contenta, visto che detesta l'accademia e il romanzo è anche una satira feroce delle meschinità del mondo universitario, condotta dal punto di vista disincantato e parecchio alcolico di un professore di letteratura francese del XIX secolo mezzo fallito (con le donne e con gli studi) e un po' erotomane (è un frequentatore di Youporn e di siti di escort), le cui uniche passioni intellettuali sembrano essere la vita e l'opera dell'autore di "À rebours". 
Piuttosto, mi pare molto più adatto allo scopo riesumare uno slogan del mitico Gianfranco Funari: con "Sottomissione", potremmo dire, Houellebecq ha messo il dito nel culo al futuro.

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